lunedì 15 ottobre 2012

Perché dire no a questa riforma del Titolo V

Il testo della (possibile) riforma costituzionale del Titolo V non è ancora disponibile, e pochi sono gli indizi che possono far comprendere quale ne sarà il contenuto. L'unica cosa chiara è che le Camere dovranno fare in fretta ad approvarla, ma questa ormai non è più una novità. Anzi.
Ad ogni modo dal comunicato stampa successivo al Consiglio dei Ministri e dalle varie dichiarazioni successive (ad es. quella del Min. Patroni Griffi) risulta abbastanza chiaro che l'obiettivo di questa controriforma sarà quello di restituire allo Stato alcune competenze attualmente in mano alle Regioni e quello di dare la possibilità alla legge statale di imporre determinate modifiche alle leggi regionali qualora lo richieda la "tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica".
Sul secondo punto sono personalmente d'accordo: il profilo dell'uguaglianza fra i cittadini della Repubblica non può che essere un faro in un sistema ormai plurilivello come quello italiano, e il Titolo V risulta lacunoso proprio in quest'ambito. 
Questo sistema plurilivello a cui abbiamo appena fatto riferimento, però, prevede anche uno strato superiore a quello statale: quello dell'Unione Europea, che sta vivendo ormai da decenni una fase di espansione delle proprie competenze. Proprio per questo motivo non è accettabile, invece, una diminuzione delle competenze regionali a favore dello Stato: se, come ha detto recentemente il Presidente Napolitano, le innovazioni future dipenderanno in massima parte dalle "cessioni di sovranità" statali all'UE, allora le competenze regionali saranno (o almeno dovrebbero essere) sempre di più un contrappeso alle delocalizzazione delle scelte fondametali dallo Stato al sistema europa. 
Quando in gioco ci sono equilibri di questo genere la cosa peggiore che si può fare è perdere di vista il concetto di quadro generale, l'armonia dei pesi e contrappesi,  in una sorta di furore vendicativo nei confronti dei tanti (tantissimi, decisamente troppi) casi di corruzione: la classe dirigente regionale è sicuramente di basso livello, potremmo dire (in maniera anche troppo lusinghiera) che sia in fase di crescita e costruzione, ma tornare indietro in questo momento, e farlo per di più di corsa, non è la soluzione.
Il rischio non è soltanto quello di mettere l'ennesima toppa sopra una toppa precedente, sfilacciando ancora di più il tessuto costituzionale e senza ripensamenti sul ruolo del Senato, ma anche quello di allontanare ancora di più i cittadini dai punti focali delle decisioni che li riguradano: se l'epoca della "Roma ladrona", anche se storicamentre vicina sembra ormai (fortunatamente) lontana, l'epoca dell'"Europa ladrona" è appena cominciata e durerà più a lungo di quanto molti sembrano pensare.

Nessun commento:

Posta un commento