giovedì 19 aprile 2012

La Costituzione dopo la (possibile) riforma ABC


In questo post riporto (e dovrete scusarmi per la lunghezza!) il testo della nostra carta costituzionale, limitatamente agli articoli interessati, così come risulterebbe in seguito all'approvazione della riforma costituzionale ABC. Come riferimento ho utilizzato il testo base già approvato in Commissione, attualmente calendarizzato in Parlamento ed i cui emendamenti potranno essere presentati entro l'8 Maggio p.v.. 
Ovviamente non essendo questo il testo definitivo della riforma vi potranno essere dei cambiamenti, anche rilevanti, rispetto a questo punto di partenza, i cui punti principali mi sembrano comunque essere i seguenti:

 - Riduzione del numero dei parlamentari (non certo drastico ma non irrilevante, 508 Deputati e 254 Senatori).

 - Superamento del bicameralismo perfetto (tramite il criterio funzionale ancorato all'articolo 117 Cost.) e velocizzazione dell'iter legislativo (da valutare più attentamente in connessione con le future modifiche dei regolamenti parlamentari).

 - Rafforzamento del Governo e, in parte, del Presidente del Consiglio ( prima di tutto tramite la mozione di sfiducia costruttiva a maggioranza assoluta, ma anche attraverso la corsia preferenziale governativa, la fiducia al solo Presidente del Consiglio, la connessione tra eventuale rigetto della fiducia e proposta di scioglimento delle Camere).

In sostanza questa riforma sembra essere improntata principalmente sul modello della Legge Fondamentale tedesca del '49 e, insieme alla riforma elettorale, a quella dei regolamenti parlamentari e a quella dei partiti, dovrebbe razionalizzare il sistema parlamentare italiano rispondendo almeno ad una parte dei rilievi dottrinari degli ultimi vent'anni, rafforzando il bipolarismo senza estremizzarlo. Certo, questa riforma non può essere definita "drastica", è senza dubbio figlia di un compromesso che rispecchia l'attuale eterogeneità dei partiti facenti parte della maggioranza (ad esempio sarebbe possibile una riforma più convincente del bicameralismo, con un rapporto fiduciario Governo-Parlamento legato ad una sola Camera oppure con elezioni di secondo grado per il Senato, un taglio più netto dei parlamentari ed un intervento più decisivo per la diminuzione della decretazione d'urgenza), ma certamente si tratta di un passo in avanti che, qualora andasse a buon fine, potrebbe eliminare quantomeno le contraddizioni e le problematiche più grossolane del nostro sistema attuale.


Gli articoli interessati (in grassetto le parti modificate)
Art. 56.
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati è di cinquecentootto, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i ventuno anni di età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per cinquecento e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
Art. 57.
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di duecentocinquantaquattro, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sei; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. 
Art. 58.
Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il trentacinquesimo anno.
Art. 70.
La funzione legislativa è esercitata (“collettivamente” parola soppressa) dalle due Camere.

Art. 72.

I disegni di legge sono presentati al Presidente di una delle Camere.
I disegni di legge devono avere un contenuto omogeneo.
I disegni di legge riguardanti prevalentemente le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 sono assegnati al Senato della Repubblica; gli altri disegni di legge sono assegnati alla Camera dei deputati.
Presso il Senato della Repubblica è istituita la Commissione paritetica per le questioni regionali, composta da un rappresentante per ciascuna Regione e Provincia autonoma, eletto dai rispettivi consigli, e da un eguale numero di senatori che rispecchi la proporzione tra i gruppi parlamentari, la quale esprime, entro termini e secondo procedure stabiliti dal Regolamento, parere obbligatorio sui disegni di legge riguardanti prevalentemente le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117.
I disegni di legge sono assegnati, con decisione insindacabile, ad una delle due Camere d’intesa tra i loro presidenti secondo le norme dei rispettivi regolamenti.
Il disegno di legge è esaminato, secondo le norme del regolamento della Camera alla quale è stato assegnato, da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale
Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di concessione di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi, di attuazione dell'articolo 81, sesto comma, e per quelli diretti all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. Per tali disegni di legge occorre l'approvazione di entrambe le Camere.
Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno della Camera che deve esaminarlo e che sia votato entro un termine determinato secondo le modalità e con i limiti stabiliti dai regolamenti. Può altresì chiedere che, decorso tale termine, il testo proposto o condiviso dal Governo sia approvato articolo per articolo, senza emendamenti, e con votazione finale.
Il disegno di legge, approvato da una Camera, è trasmesso all’altra e si intende definitivamente approvato se entro quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame su proposta di un terzo dei suoi componenti.
La Camera che dispone di riesaminare il disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta giorni successivi alla decisione di riesame. Decorso inutilmente tale termine, il disegno di legge si intende definitivamente approvato.
Se la Camera che ha chiesto il riesame lo approva con emendamenti o lo respinge, il disegno di legge è trasmesso alla prima Camera, che delibera in via definitiva
Art. 73.
Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.
Se la Camera che la ha approvata definitivamente, a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiara l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito
Quando è previsto il voto di entrambe le Camere, l'urgenza deve essere deliberata da ciascuna di esse a maggioranza assoluta dei propri componenti
Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
Art. 74.
Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione secondo le procedure di cui all'articolo 72.
Se la legge è nuovamente approvata, questa deve essere promulgata.

Art. 92.
Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, nomina e revoca i ministri.
Art. 94.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri deve avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera delibera sulla richiesta di fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla formazione del Governo, il Presidente del Consiglio dei Ministri si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere sottoscritta da almeno un terzo dei componenti della Camera e dei componenti del Senato, deve contenere la indicazione del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, da nominare ai sensi dell'articolo 92, secondo comma, e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
La mozione di sfiducia deve essere approvata dal Parlamento in seduta comune a maggioranza  assoluta dei componenti di ciascuna delle due Camere.
Qualora una delle Camere neghi la fiducia, il Presidente del Consiglio dei Ministri può chiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere o anche di una sola di esse; le Camere non possono essere sciolte se il Parlamento in  seduta comune entro venti giorni dalla richiesta di scioglimento indica a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, da nominare ai sensi dell'articolo 92, secondo comma.

Art. 126.
Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita la Commissione paritetica per le questioni regionali, costituita presso il Senato della Repubblica.
Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione.
L'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

sabato 14 aprile 2012

Corsi Ricorsi e Ricicli


In questo complesso momento, soprattutto guardando i telegiornali, si ha sempre più spesso l'impressione di essere in un ricorso storico continuo, quasi un ritorno prepotente (e petulante) dei climi e dei problemi del periodo '92-'96. 
In effetti i punti di contatto non sono pochi: l'impressione di un progressivo deterioramento morale della politica, fiammate di antipolitica provenienti tanto da destra quanto da sinistra, il governo tecnico (prima Ciampi e poi, soprattutto, Dini) le tematiche della legge elettorale e del finanziamento pubblico ai partiti (entrambe presenti nel referendum abrogativo del 1993), la riforma del mercato del lavoro (basti pensare al protocollo Ciampi del 1993), la riforma delle pensioni (Dini, 1995) e le riforme istituzionali e costituzionali.
E' vero, le somiglianze sono tante, ma sono passati soltanto quindici-vent'anni da quel periodo, si può veramente parlare di un ricorso storico? Io non credo. Piuttosto che di un ricorso io parlerei di un "riciclo" di problemi che sono appena riemersi dopo un periodo in cui sono rimasti, sfortunatamente, assopiti. Il vero problema, a mio parere, è stata l'assenza di un vero momento di rottura col il sistema precedente: il fallimento della bicamerale D'Alema, infatti, ha lasciato il peso delle aspettative di cambiamento esclusivamente sul referendum e sulla susseguente legge elettorale, che da sola non è stata e non poteva essere sufficiente a supportare l'inizio della II Repubblica. Senza un nuovo patto costituente ma anche costitutivo, infatti, era prevedibile che i medesimi problemi riemergessero violentemente al primo segnale di scricchiolio di un sistema che, in questo periodo storico, è stato fortemente contrassegnato dalla continua tensione fra la lettera della Costituzione e la differente percezione sociale e mediatica del suo significato. Parole come "Premier", norme come quella sull'obbligo di indicazione del "capo della forza politica" nelle schede elettorali previsto dal Porcellum, le continue accuse di trasformismo e partitocrazia infatti derivano da questa frattura, da tutte le promesse mancate dell'ultimo periodo della I Repubblica. 
Detto in poche parole: c'è stata la percezione sociale e mediatica di un cambiamento che non è mai realmente avvenuto se non nei nomi e nei simboli di partito.
Adesso non è più possibile commettere il medesimo errore, non è più possibile sottoporre la (bellissima) Costituzione del '48 ad ulteriori tensioni che rischierebbero di sfaldare non solo il suo tessuto intrinseco, ma anche lo stesso tessuto sociale: non è più possibile affidarsi a leggi e leggine emergenziali per superare l'impasse del momento e poi continuare come nulla fosse successo. Rimangono soltanto due soluzioni nette: o tornare in toto al sistema costituzionale precedente, al classico parlamentarismo senza correzioni posticce previsto dalla Costituzione ancora vigente, oppure andare avanti compiutamente ed approvare una completa modifica della parte II con specifico riferimento alla forma di governo, che porti ad un effettivo rinnovamento e ad un riconoscimento reciproco fra le forze politiche. 
Allora ben venga la legge elettorale, ben venga la legge sul finanziamento pubblico ai partiti (a patto che lo razionalizzi e non lo elimini) e ben venga la riduzione del numero dei parlamentari, ma senza dimenticarsi del passato e di come, senza una struttura costituzionale che includa queste modifiche in un contesto più ampio, gli stessi problemi sono destinati a ripresentarsi a breve, probabilmente in maniera ancora più violenta.